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Contratto co.co.co. (contratto di collaborazione): come funziona e diritti del lavoratore

Il contratto di collaborazione coordinata e continuativa istituisce un rapporto di lavoro parasubordinato, una via di mezzo tra il lavoro dipendente e quello autonomo. Ecco come funziona nel dettaglio.

Cosa vuol dire contratto co.co.co?

La collaborazione coordinata e continuativa identifica una forma particolare di contratto. Prevede infatti che un collaboratore si impegni a compiere prestazione lavorativa, di carattere prevalentemente personale e in via continuativa, a favore del committente. Viene stabilito un coordinamento con quest'ultimo, ma senza vincoli di subordinazione.

Questa tipologia di contratto di lavoro è stata interessata dal dlgs. 81/2015, uno dei decreti attuativi del Jobs Act, che ha provveduto ad abrogare la disciplina dei contratti a progetto. D'altra parte la normativa ha lasciato inalterata la possibilità di stipulare collaborazioni coordinate e continuative.

Per la legge n. 81/2017, detta anche Jobs Act del Lavoro autonomo, “la collaborazione si intende coordinata quando (...) il collaboratore organizza autonomamente l’attività lavorativa”. Questa avviene "nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti".

I rapporti di collaborazione hanno delle caratteristiche che il committente è tenuto a rispettare:

  • l'autonomia, dal momento che è il lavoratore a decidere modalità di esecuzione e tempi della commessa, oltre che i luoghi di lavoro;
  • la continuità, intesa come quella che lega le due parti in causa e che differenza il contratto co. co. co. dalla collaborazione occasionale.

È quindi importante sottolineare che non è prevista la figura vera e propria del datore di lavoro per come può essere intesa in un rapporto di lavoro subordinato. L'autonomia del collaboratore è l'elemento che contraddistingue maggiormente questa tipologia di lavoro.

Non a caso, l'articolo 2 del dlgs. 81/2015 stabilisce che si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato nell'ipotesi di rapporti di collaborazione che si concretizzino in prestazioni di lavoro:

  • esclusivamente personali;
  • continuative;
  • con modalità di esecuzione organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi (osservazione di un determinato orario) e al luogo di lavoro (individuato dallo stesso committente) (c.d. etero-organizzazione).

Se un collaboratore è quindi inserito nella struttura organizzativa del committente e nelle relative dinamiche, risultando "eterodiretto", avrà le tutele che valgono per qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

Sono considerate lecite ed escluse dalla presunzione di subordinazione:

  • le collaborazioni per le quali i contratti collettivi nazionali prevedano discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo;
  • le collaborazioni prestate nell’esercizio di professioni intellettuali per le quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali;
  • le attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni;
  • le collaborazioni a fini istituzionali per associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal Coni.

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Quante ore prevede il contratto co.co.co.?

I lavoratori impiegati con un collaborazione coordinata e continuativa non sono tenuti a seguire un preciso orario di lavoro. In base al concetto di autonomia nello svolgimento della loro attività, i tempi dedicati all'esecuzione possono essere organizzati liberamente, a condizione di concludere il compito assegnato.

Nell'ipotesi in cui il committente organizzi i tempi di svolgimento, la natura del rapporto muterebbe, trasformandosi a tutti gli effetti in un lavoro subordinato.

In merito alla retribuzione mensile, è stabilito un compenso per una specifica prestazione. Il committente deve corrispondere il compenso indipendentemente da quando la prestazione lavorativa sia stata erogata e in quanto tempo.

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Chi paga i contributi nel contratto di collaborazione?

Nella busta paga di un lavoratore co.co.co. deve essere compresa la voce sui contributi dovuti.

I redditi sono assimilati a quelli da lavoro dipendente. Il committente emette una busta paga che corrisponde al compenso dovuto al collaboratore, trattenendo le imposte. Per questo motivo il lavoratore non deve emettere fattura e non è obbligato ad aprire una partita IVA.

Per quanto riguarda l'aspetto previdenziale, i contributi sono:

  • per 1/3 a carico del collaboratore;
  • per 2/3 a carico del committente.

È comunque a carico del committente l'obbligo di versamento dei contributi anche per la quota spettante al collaboratore. Di conseguenza, quando il committente corrisponde il compenso pattuito al collaboratore tratterrà i contributi che vanno versati.

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I diritti e le tutele del lavoratore co.co.co.

I collaboratori coordinati e continuativi hanno diritto a percepire:

  • l'indennità di maternità e paternità;
  • l'indennità per congedo parentale;
  • l'assegno unico e universale per i figli a carico;
  • l'indennità per malattia;
  • l'indennità per degenza ospedaliera;
  • l'indennità DIS-COLL.

Sono esclusi i collaboratori pensionati o iscritti ad altre forme di previdenza obbligatoria per i quali non sussiste l'obbligo di versamento dell'aliquota aggiuntiva.

Il lavoro co.co.co. è un'attività giuridicamente qualificabile come "autonoma". Il mancato o irregolare versamento dei contributi obbligatori previdenziali e assistenziali da parte dell'imprenditore al collaboratore iscritto alla Gestione separata non permette la maturazione del diritto alle prestazioni.

Quanto all'indennità DIS-COLL, dal 1° luglio 2017 vi possono accedere:

  • i collaboratori coordinati e continuativi e a progetto iscritti in via esclusiva alla Gestione separata;
  • gli assegnisti e i dottorandi di ricerca con borsa di studio, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata.

Non è invece accessibile per pensionati e partite IVA.

La domanda va inviata entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

L’indennità è pari al 75% del reddito mensile medio nel caso di redditi pari o inferiori ad € 1.352,19, come indicato dall’Inps con la circolare n. 14 del 3 febbraio 2023.

In ipotesi di redditi superiori, l’importo è incrementato di una somma pari al 25% della differenza tra il reddito mensile medio e la soglia di € 1.195.

L’indennità è riconosciuta per una durata massima di 6 mesi e si riduce in misura pari al 3% per ogni mese successivo al 4° mese di fruizione.